Brutti ricordi….
Era l’alba del 6 aprile 2009 quando uno spaventoso terremoto colpì in maniera violenta l’Italia Centrale, un evento, quello del terremoto, ricorrente nella storia d’Italia ma al quale non riusciremo mai ad abituarci. In quella occasione L’Aquila fu una delle città più colpite e che più pagò in termini di vite umane e danni materiali. La città è stata ferma per diversi anni in cui la ricostruzione tardava ad avviarsi e risultava anche difficile poter entrare nella parte storica della città. Ormai è passato più di un decennio e la ricostruzione non è ancora terminata, anche se la città sta facendo sforzi enormi per rinascere e tornare ai suoi antichi splendori. Sì, perchè L’Aquila è una città ricca di monumenti, di storia e di arte che ora possono essere di nuovo visitati e ammirati in tutto il loro splendore, grazie anche ai signficativi interventi di rifacimento e di ristrutturazione di chiese e palazzi. Oggi il centro storico è tornato a essere pieno di vita, con negozi, ristoranti, turisti. Nulla può essere dimenticato, ma questa città, con grande orgoglio e coraggio, ce la sta mettendo tutta per risorgere e tornare più bella di prima.

Le ferite non si sono ancora del tutto rimarginate e qua e là vi sono ancora scheletri di palazzi che si alternano a strutture nuove e ricostruite quasi dal nulla con le più recenti tecniche ingegneristiche antisismiche.

La visita della città
La visita della città non può che partire dalla Basilica di Collemaggio, un luogo storico, fondato da Pietro da Morrone, divenuto Papa come Celestino V, un uomo in odore di santità già quando era ancora in vita ma che ebbe il grande demerito, con la sua rinuncia papale, di aver fatto posto a uno dei più controversi Papi della storia, Bonifacio VIII, che contribuì non poco all’esilio di Dante Alighieri dalla sua amata Firenze. E fu per questo motivo che il sommo poeta relegò “Colui che fece per viltade il gran rifiuto” nel III Canto dell’Inferno della sua Commedia, nell’Antiferno, ossia in quel luogo dove si trovano coloro che “visser sanza ‘nfamia e sanza lodo“.
Bellissima la parte esterna della Basilica di stampo romano-gotico, di forma quadrangolare che si erge maestosa in fondo a una vasta piazza verde, con il suo portale monumentale, il ricco rosone centrale e i due più piccoli laterali. Così la descrive Carlo Emilio Gadda:
“Le tre rose od occhi,
dal musaico del fronte,
mi guardano con limpidezza
d’un giovenile pensiero.
Una mano divota le ha colte,
ne ha rifiorito, con l’alba,
tutta la purità del disegno
che si estende sul piano di facciata.“
La frase è di grande impatto emotivo ed è riportata su una della tante panchine che si trovano lungo il percorso che conduce verso la Basilica.

L’interno, ricostruito dopo il terremoto, è di semplice stile romanico e conserva il Mausoleo con i resti mortali di Pietro da Morrone.


Il vero simbolo della città resta però la celebre Fontana delle 99 cannelle, costruita a ridosso del fiume Aterno. E’ una piazza quadrangolare con 99 fontane che, secondo la tradizione, rappresenterebbero i 99 castelli del circondario che nel medioevo contribuirono alla fondazione della città. Vi risparmio altri dettagli sulla storia che potrete trovare ovunque sul web, qui basta dire che ho dovuto contarle tre volte per assicurarmi che le fontane fossero davvero 99. Perchè? Perchè spesso ci si dimentica di contare le 6 cannelle prive di mascherone che si trovano alla destra dell’ingresso della fontana (sono in realtà sei semplici tubi)


Altri monumenti di rilievo sono il Duomo, purtroppo non ancora visitabile in quanto in ristrutturazione, l’imponente Forte spagnolo, oggi sede del Museo Nazionale spagnolo, la Chiesa di San Bernardino con la meravigliosa Pala del Redentore di Andrea della Robbia, la Fontana della Luce.




