Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
Primo Levi
Ho dovuto pensarci molto per capire se davvero fosse il caso di dedicare un post per raccontare la mia visita ai Campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau, in Polonia. Troppo forte il senso di inadeguatezza, troppo alto il rischio di banalizzare un evento enorme della nostra storia recente in un contesto, quello di un semplice blog di viaggi, nato per finalità ludiche.
In appena tre ore ho scattato un centinaio di fotografie per non perdere neppure il più piccolo frammento dei luoghi di visita. Postare queste foto, soprattutto alcune di queste foto, mi è apparso infatti fuori luogo. Ho deciso quindi di condividere la mia esperienza postando solo pochissime fotografie (sono soltanto sei) perchè, come ha scritto Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario“. Le altre foto riproducono aspetti troppo drammatici per essere pubblicate: i forni, gli oggetti personali e persino i capelli dei prigionieri, i luoghi della fucilazione…. Queste foto no, queste preferisco custodirle gelosamente nella memoria del mio telefono, ma soprattutto nella mia memoria.
Auschwitz
Giunti ad Auschwitz, l’odierna Oswiecim polacca, si è percorsi da un brivido freddo nel vedere l’ingresso del Campo e la sua famigerata scritta “Arbeit macht frei” (cioè “il lavoro rende liberi”), un modo beffardo e ingannevole per celare la condizione disumana dei prigionieri e il loro destino finale di morte (foto 1). Ancorchè si tratti di una copia (l’originale, rubato nel 2009 e poi ritrovato, è conservato nel museo all’interno del campo), la scritta rappresenta il primo terribile impatto con una realtà ai limiti dell’immaginabile, anzi, una realtà che i limiti dell’immaginabile li ha varcati abbondantemente.

I confini del Campo sono strettamente presidiati da una doppia cornice di filo spinato (foto 2), all’epoca percorsa dalla corrente elettrica. Quei confini rappresentavano un ostacolo insormontabile che separava la morte del prigioniero dalla propria vita e dalla propria libertà. Anche se non sono mancate fughe rocambolesche da parte di alcuni prigionieri, questi fili spinati hanno causato la morte di migliaia di persone che provavano disperatamente una via di fuga. Oggi sono a disposizione dei visitatori per ricordare anche gli innumerevoli “fili spinati”, reali o virtuali, ancora oggi presenti nel mondo.

L’aspetto paradossale di Auschwitz è che il suo aspetto esteriore, a prima vista, appare persino gradevole (foto 3), con viali alberati e costruzioni in mattoni rossi degne quasi di un lussuoso quartiere residenziale. Purtroppo quello che accadeva all’interno di queste costruzioni, dette “blocchi”, è cosa ben nota.

Il motivo di questa apparente bellezza è dato dal fatto che il Campo di Auschwitz nasce originariamente come luogo destinato al lavoro e alla residenza dei militari e solo successivamente “adattato” alle esigenze omicide dei nazisti.
Birkenau
Quando il Campo di Auschwitz si è dimostrato nel tempo non più adeguato agli scopi, è stato necessario ampliare gli spazi disponibili. Per questo motivo la follìa nazista ha creato il campo di Birkenau (chiamato Auschwitz II), a circa tre chilometri da Auschwitz I. Qui il risultato, ove mai possibile, appare ancora più sconvolgente. Il Campo di Birkenau, infatti, non è stato “adattato” alle esigenze dei nazisti bensì progettato e costruito con l’esatto intendimento di dar corso alla “soluzione finale”, cioè l’annientamento fisico delle cosiddette razze inferiori, ebrei soprattutto, Rom, zingari ma anche polacchi, disabili, avversari politici.
Qui tutto è costruito per rendere più efficiente ed efficace la macchina perfetta dello sterminio di massa.

Al campo di Birkenau si giungeva superando la cosiddetta “Porta delle morte” (foto 4) che tante volte abbiamo visto nei film o sui libri di scuola. La Porta era attraversata da binari che venivano percorsi dai treni (foto 5) provenienti da tutta Europa carichi di prigioneri.

Il viaggio in treno rappresentava la prima forma di supplizio cui erano sottoposti i deportati. I prigionieri viaggiavano per diversi giorni dall’Italia, dalla Grecia, dalla Germania, stipati nei vagoni fino all’inverosimile, in piedi per giorni e giorni senza poter disporre di alcuna forma di conforto igienico o alimentare. Non desta quindi sorpresa il fatto che molti deportati giungessero a destinazione già morti e quelli sopravvissuti al viaggio scendessero dai vagoni persino con un certo sollievo.

Il campo di Birkenau, grande trenta volte quello di Auschwitz, dà la sensazione di grande desolazione. All’interno dei blocchi è possibile vedere con i propri occhi le condizioni disumane in cui vivevano i progionieri. Come ad esempio le camerate e i tavolacci sui quali i prigionieri dormivano (foto 6). Lungo i viali del Campo vi sono raffigurate foto storiche dell’epoca; una, in particolare, desta l’attenzione del visitatore, quella in cui il medico del Campo, all’arrivo dei prigionieri, decide con un solo gesto della mano e sulla base delle apparenti condizioni fisiche, della vita o della morte delle persone: campi di lavoro (se ritenuti idonei al lavoro) oppure, in caso contrario, camera a gas (anziani, disabili, malati, bambini).
Al termine della visita si esce sgomenti ed è normale chiedersi come sia stato possibile tutto questo, non nel Medioevo ma appena settant’anni fa. Ma soprattutto è lecito chiedersi se tutto questo possa servire per evitare che tutto ciò possa ripetersi.
Come arrivare
I Campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau si trovano nella cittadina polacca di Oswiecim, a poco più di un’ora di auto da Cracovia.
Vi sono diversi modi per raggiungere la località, più o meno costosi. Se clicchi qui troverai tutti i dettagli per il trasferimento, dalle soluzioni più economiche a quelle più comode. Il sito ufficiale dei Campi di concentramento lo trovi qui. Per l’acquisto dei biglietti, in caso di visite individuali, clicca qui (pagina in inglese).
E’ vero. L’ho notato anch’io leggendo il tuo articolo!
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Ho letto il tuo articolo, le emozioni provate sono identiche!!!
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Grazie mille!!!
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Non ho ancora avuto modo di visitare i campi di Auschwitz e Birkenau. Sono riuscito tuttavia a visitare il primo campo di concentramento nazista di Dachau e la macchina di morte dei Khmer rossi a Phnom Penh in Cambogia. Situazioni diverse tra loro ma identiche per le atrocità commesse. Complimenti per l’articolo!
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È vero. Vedere con i propri occhi o ascoltare dal vivo i racconti di chi queste storie le ha vissute di persona insegna molto più di mille libri.
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Pur non avendo ancora avuto l’occasione di andarci, sono convinta sia una visita da fare una volta nella vita. Serve a riflettere, sensibilizzare e far sì che non si ripetano più simili orrori. Ho letto molto sull’argomento, visto film, ascoltato racconti di chi l’ha vissuto, ma vedere con i propri occhi credo sia doveroso e aiuti a rendersi veramente conto di quanto è accaduto e della sofferenza di quelle persone.
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Capire è impossibile. Tutto ciò che possiamo fare è conoscere per evitare che questo si ripeta.
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C’é ancora chi sostiene che non sia avvenuto ma purtroppo la storia, le testimonianze e le persone esistono. Un orrore senza alcuna giustificazione e tutt’ora faccio fatica a capirne il perché.
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Grazie ancora.
Buona serata, Simone!
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Sono assolutamente d’accordo. Sono contento di averci portato anche mia figlia di adolescente. Quando lo studierà all’ultimo anno di liceo avrà più chiaro il significato storico della Shoah.
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Non è stato facile descrivere ciò che sono i Campi di concentramento. Si rischia sempre di cadere nella retorica. Però se il post riesce a far ricordare, anche per un solo attimo, di cosa può essere capace il genere umano, allora il mio obiettivo è pienamente raggiunto. Grazie per il tuo bel commento!
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Mi sono imbattuto nel tuo post al mattino. Ma ho dovuto aspettare fino a sera per leggere tutto a fuoco. Grazie per aver descritto questo grande dramma umano. Il mondo dovrebbe ricordare questo inimmaginabile crimine nazista.
Grazie Simone!
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Esperienza terribile, sia per le cose che ho visto, sentito dal vivo e sia per il tremendo inverno polacco che mi ha gelato i pensieri.
Bel reportage, io credo che dovrebbero andarci tutti per vedere con i propri occhi.
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Hai ragione…anche se vedi foto o clip, mentre penso che tutto cambi se lo vivi…..
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E’ proprio così. Penso che una visita ai campi di concentramento sia di grande utilità per tutti noi. La consiglio a tutti per vedere con i propri occhi ciò che la mente non riesce neppure a immaginare. Anche mia figlia adolescente, abituata a ben altri tipi di viaggi o divertimenti, ha apprezzato molto questa visita destandole molta impressione! Grazie per la visita e per il commento.
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Non c’è (non trovo) aggettivo per definire questo massacro…..si fa talmente fatica ad accettarlo, che viene spontaneo pensare ”impossibile che ci sia stato”, ben sapendo che C’E’ stato….😢
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